A quanto pare molti designer sono interessati alle uova, o meglio alle confezioni delle uova. Studiano e si cimentano nella progettazione di soluzioni alternative all’oramai collaudatissimo portauova (contenente 6 o 12 pz.), realizzato in cartone o in polistirolo (PS). Nei nuovi progetti le materie plastiche sono, di fatto, bandite e si ricorre al più’ “ecologico” cartone, quasi esclusivamente di recupero, frutto di un processo di riciclo. A guardare bene i progetti presi ad esempio (tra i tantissimi presenti sulla Rete), ci si rende conto quanto, in sostanza, il più’ importante dei vincoli progettuali sia legato alla necessità di distinguere il prodotto sugli scaffali del supermercato, quindi all’immagine (sia essa forma, colore, grafica), con la quale si “rivestono” le fragili uova e alla possibilità attraverso quell’immagine di fornire tutte le informazioni necessarie a convincere all’acquisto il sempre più’ “consapevole” consumatore. Poi se lo stesso consumatore, una volta giunto a casa, estrae dalla shopper la confezione, l’apre è dentro trova una frittata, tutto sommato, cosa importa? Seppur rotte, sempre uova restano.