rapa1

“Come si dice rapa in inglese?”

Entra rapidamente in cucina, frettoloso, ma senza scomporsi, lasciando i clienti in sala, in attesa. Pantalone da vestito nero, camicia nera, cravatta verde scuro. L’eleganza e il portamento di un vero matre, nonostante abbia appena vent’anni.
Senza starci a pensare troppo, buttandola lì per fare una battuta, rispondo:“Rape” continuando a guardare sul tagliere. “Raip?” Mi risponde lui con una smorfia. “No raip. Reip, scritto rape” gli spiego con aria seria, restando nella parte e regalando un sorriso divertito al mio collega che sta al gioco. Nessuna risposta.

Mi volto verso la porta: nessuno. “Oh cazzo… è tornato in sala!” “Merda! E ora?!” Non so che dire. Non so che fare. “Sei proprio un cazzone!” “Ma era una battuta! Che ne so che prende e parte senza dire niente…ho fatto appena in tempo a rispondergli…” che schifo di giustificazione. L’unica cosa che riusciamo a fare è restare fermi, in silenzio. Lo sguardo fisso in direzione della sala. In attesa. Aspettandoci qualsiasi cosa. Pronti al peggio.Dieci, quindici, venti secondi. La porta si riapre. “Ma che mi hai detto? Non si dice così!” La sua faccia non sembra preoccupata, solo confusa. Un buon segno. “Che ti hanno detto? Che è successo?” cerchiamo di capire l’entità dei danni che abbiamo (ho) provocato.

“Non hanno capito niente… la signora sembrava parecchio scossa, lui un po’più sul divertito…” e poi rivolto direttamente a me “Mi dici che cazzo significa “reip”?” “Beh…vuol dire…” Mi giro verso il mio collega, che guarda in basso, per non scoppiare a ridere. Non riesce nemmeno a guardarmi. Vigliacco. Continuo “Vuol dire stupro…”.
Ora sì che ha la faccia preoccupata. Quasi sconvolta. “Quindi mi stai dicendo che alla cazzo di signora olandese le ho consigliato il risotto con lo stupro?!” “Già…” abbasso lo sguardo, mordendomi le labbra. Sto per scoppiare anch’io. “Ma porca…” torna in sala, di corsa. “Ihihihihih!!!!!” Sbottiamo a ridere il più silenziosamente possibile. “Non c’è niente da ridere! E’ un casino!” penso alla gravità della situazione, ma non riesco a fermarmi. Il mio collega ha le lacrime agli occhi “Il risotto con lo stupro!!!” non ci prova nemmeno a darsi una calmata.

“Mo che torna lo chef sono cazzi tuoi!!” E’ piegato in due sul bancone.
La porta si riapre “Se ne sono andati!” “Cosa?!” Ci ricomponiamo, asciugandoci le guance. Continua. ben più angosciato e nervoso di noi “Sono tornato in sala ed erano già in piedi. Ho provato a giustificarmi, ma la signora ha….” la sua espressione comincia a mutarsi. Smette di parlare, anche se la sua bocca rimane mezza aperta. gli occhi spalancati. Mentre penso al classico “Sembra che hai visto un fantasma!”, mi accorgo che il suo sguardo non è su di me, ma oltre.Alle mie spalle. Mi volto lentamente, già sapendo cosa trovare, ma continuando a sperare nel fantasma. E invece no. Niente fantasma. Ciò che si trova alle mie spalle sono 120 chili di carne che mi fissano. Con un sorrisetto e lo sguardo da serial killer sull’orlo di una crisi nervosa. Lo chef. Tra le mani afferra un mestolo di legno lungo circa un metro e mezzo. Per questo usa due mani. Perchè è enorme. E fa male.

“Come mai se ne sono andati, quei due?” ci interroga mantenendo il tono calmo e la stessa espressione. Tutto molto inquietante.
Cucina. Se vuoi sopravvivere devi essere reattivo, sicuro e determinato. Pronto a tutto. Pronto ad avere una gigantesca faccia da culo.
“Ma niente… volevano pizza e cose così…gli ha detto che non le facevamo e questi hanno pure rosicato!” Potrebbe bastare ma ormai ho preso il via. Rimettendomi a lavoro, con nonchalance “Tzk!! Ma guarda questi! In un ristorante gourmet a chiedere la pizza… che gente!” Aspetto. Forse l’ho convinto. “E lo stupro che c’entra?”

Sorridendo: “Ma niente…stavamo scherzando tra di noi” Troppo vago. Però ci potrebbe stare… Lo chef continua a fissarmi. Io fisso il tagliere. Gocciolina di sudore. Tu-tum. Tu-tum. SBAM! Mestolata sulla schiena, tipo buffetto “Fate poco i cazzoni!” allontanandosi. Scarico tanta di quell’adrenalina che quasi mi viene mal di testa. Sguardo col collega “Ottima improvvisazione!”.Antonio E. Sorrentino