Tornava a casa più tardi tutti i giovedì.

Non perché facesse qualcosa di particolare, non era uno di quei tipi che escono una volta la settimana a bere una birra coi compagni del college, vedendoseli invecchiare davanti agli occhi fino alla consunzione.

No, lui tornava a casa tardi il giovedì per due motivi. Il primo era che a casa non l’aspettava nessuno, e in fondo avrebbe potuto tornare quando voleva tutte le volte che voleva; il secondo, e più importante, era che tutti i giovedì al Little Eden, il negozio di frutta coreano all’angolo della Crescent Drive, il vecchio Park esponeva un nuovo ikebana di ortaggi. Un giovedì gli spinaci, un altro i broccoli, un altro ancora i gambi di sedano.

Ikebana! Cosa c’entrassero con quel posto, e cosa c’entrassero con lui, non riusciva proprio a comprenderlo. Eppure, ogni giovedì, non poteva fare a meno di fermarsi a guardare. Fissava quelle sculture aliene in silenzio per interi quarti d’ora, osservava ogni particolare: le corolle di lattuga, gli steli di cipollotti. Non capiva granché ma non smetteva di guardare.

In quell’incrocio senza bellezza di quella città senza poesia, fatta di lamiere, di rivenditori d’auto e di apparecchi televisivi che trasmettevano tutti i giorni la stessa immagine, ogni giovedì per lui era Natale: il miracolo di una nascita inattesa, il mistero che si manifestava lì, in quella vetrina, sotto la forma imprevedibile di un ikebana di broccoli.

 

Wilson McCarthy jr.

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