Era in cucina che preparava il minestrone. Tritava, affettava, sminuzzava senza nemmeno vedere quello che faceva. Pensava solo alla sua bambina, la sua piccola fragile bambina indifesa che se ne andava via e chissà mai quando sarebbe tornata.
La sua bambina entrò.
– Chepprofumino, che fai?
– Ti faccio il minestrone buono, che poi chissà cosa dovrai mangiare, là in mezzo agli africani.
– Mamma, vado a fare il medico in un ospedale, non l’allevatrice di scimpanzé nella foresta.
– Perché qui di malati da curare non ce n’eran più…
– Qui i malati hanno tutti i medici che vogliono, là no.
– E han fatto domanda che volevan proprio te.
– Dai mamma, ma non sei contenta che vado a fare quello che sognavo?
– Certo che son contenta, son tanto contenta per te tesoro.
– E allora perché piangi? non hai pianto neanche quando è morto il papà.
– Ma che piangi e piangi, non vedi che sto affettando le cipolle? Lo vuoi fatto bene il minestrone o no?
– Certo mamma, benissimo. Chiamami quando è pronto.
La sua bambina uscì, la lasciò finire di cucinare in pace. Nemmeno glielo disse, che stava piangendo affettando una patata.
Viviane Labrande