di Umberto Pavoncello

…Fuggi per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti in mezzo alla valle…

… Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale…

Genesi XIX, 17, 26

Quando Dio annuncia ad Abramo che ha intenzione di distruggere Sodoma e Gomorra inizia una trattativa con il patriarca. “Tu vuoi distruggere tutti, buoni e cattivi insieme? Se ci fossero 50 giusti distruggeresti?” “No, se ci sono 50 giusti non distruggerò” risponde Dio. “E se fossero solo 45 giusti?” “Neanche” “40?” “Nemmeno” “30, 20?” “Neanche” “10?” “Almeno 10 giusti, se no distruggo”. Ma Abramo non riesce a trovare nemmeno dieci giusti a Sodoma e Gomorra, allora Dio scatena l’inferno su quella città di peccatori. Da qui la regola ebraica che impone il “mignàn”, la presenza di dieci uomini per alcuni riti da celebrare collettivamente.

Ma qual era il difetto degli abitanti di Sodoma e Gomorra, tale da meritargli di essere sterminati? Non era come si pensa l’estrema disinvoltura nei rapporti sessuali ma, a quanto pare, erano conosciuti a causa della loro crudeltà verso gli stranieri e l’inospitalità faceva parte del codice delle leggi di quelle città. Lot, nipote di Abramo, si distingueva perché dallo zio aveva imparato proprio il senso dell’ospitalità. Quando gli angeli in vesti umane arrivano a Sodoma per distruggerla, Lot li invita a casa sua e gli offre del cibo, ma sua moglie non è d’accordo perché ritiene l’essere ospitali una cattiva abitudine. Controvoglia, non avendo sale in casa per gli ospiti, va a chiederlo ai vicini e così si viene a sapere che Lot contravviene alle leggi della città.

Poco dopo una folla si raduna davanti alla casa di Lot e chiede che gli ospiti escano fuori per poter approfittare di loro sessualmente. Lot propone, al posto degli angeli da proteggere in quanto ospiti, le sue figlie “che non hanno conosciuto uomo”. La folla non vuole saperne e fa pressione, minaccia violenze e, a questo punto, l’angelo colpisce con una luce abbagliante la folla che, “dal piccolo-giovane al grande-anziano”, non riesce a trovare l’apertura per entrare nella casa di Lot.

Sono gli angeli che, il mattino dopo, quando Sodoma sta per essere distrutta con una pioggia di fuoco e zolfo, portano in salvo Lot, sua moglie e due delle loro figlie, con la raccomandazione di non guardare la città: è inappropriato che vedano la sofferenza altrui. La moglie di Lot però non resiste, si gira a guardare e si ferma, indugiando con nostalgia su quel che lascia. La memoria, fermarsi a ricordare, abbellisce il passato, voltando le spalle al futuro. La moglie di Lot si volta con compassione a pensare alle altre due figlie che sono rimaste lì. E così, una madre incapace di accettare la sorte orribile delle sue figlie, diviene simbolo perenne del rifiuto della sofferenza incomprensibile, anche quando viene da Dio.

“Ella guardò da dietro e diventò una colonna di sale”. Il Midràsh spiega, Ella peccò con il sale (perché non ne aveva in casa per gli ospiti) e fu punita con il sale”.

Il sale è indispensabile nel momento della benedizione con cui ringraziamo Dio “che tira fuori il pane dalla terra”. Avere del sale – simbolo positivo di integrità, perennità e conservazione – è, metaforicamente, la disponibilità ad accogliere l’Altro, ad aprirsi al nuovo di cui l’Altro è sempre portatore, a conoscerlo, a mangiare pane insieme a lui.

Un detto popolare insegna che puoi dire di conoscere veramente una persona solo dopo aver mangiato insieme a questa almeno un chilo di sale.

up

http://www.nonnabetta.it